Vinoteca al Chianti




Riporto di seguito il resoconto di una riuscitissima iniziativa degustativa organizzata dalla Vinoteca al Chianti. Io purtroppo non ero presente ma per sua fortuna il nostro Fernando si. Leggendo le sue impressioni cresce il rammarico per non esserci stato; il KURNI poi, era da un pezzo che gli facevo la posta.
Ecco cosa ci racconta Fernando che invito a scegliersi uno pseudonimo più adatto agli ambienti che frequenta.
Resoconto di una bevutina
Allora incominciamo dalle delusioni:
Chardonnay di Planeta: bottiglia sicuramente difettosa, si sentiva il legno come non si dovrebbe e al naso puzzava anche un po’, insomma un vero disastro;
Pietramarina di Benanti (carricante): ne avevo letto un gran bene, è un vino molto particolare, sapido, marino, direi se mi passate il termine “tagliente” ma non lascia una grande traccia dietro di sé, mi aspettavo di più da un vinello che costa solo 38,00 “chiorbe”.
Ero partito con tanto entusiasmo verso i bianchi siciliani (soprattutto dopo aver assaggiato lo Chardonnay di Passopisciaro) ma queste due esperienze, soprattutto la prima, mi hanno lasciato l’amaro in bocca e non solo metaforicamente.
 Veniamo invece alle buone nuove:

 Ronco delle Mele di Venica (a voi già noto): esempio di rara eleganza da tutti i punti di vista, forse anche troppo per i miei gusti, un vino da trattare con i guanti bianchi e da riassaggiare con la dovuta calma (la ragazza addetta alla somministrazione era tanto graziosa quanto attenta alle quantità).
 Momento clou: i bianchi campani
 Veramente tutti buoni quelli che ho assaggiato, ma su tutti spiccano i vini di Quintodecimo, per me autentici fuoriclasse. Cantina presente con tutte le tipologie di bianchi classici della regione (falanghina, fiano e greco), tutti ottimi: per l’eleganza olfattiva, l’armonia e la persistenza della trama gustativa (ovviamente con accenti diversi l’uno dall’altro, per es. il greco mi è parso pieno e avvolgente, mentre la falanghina fresca e briosa), se devo fare una classifica direi:
 Falanghina Via del Campo 2010 di Quintodecimo
Greco di Tufo Giallo d’Arles 2010 di Quintodecimo
Fiano d’Avellino Exultet 2010 di Quintodecimo
(prossimamente su GRDS).
Anche il resto dei produttori comunque ha fatto scendere in campo dei campioni tutti da scoprire, nell’ordine:
Colli di Lapio di Clelia Romano 2009 (fiano d’Avellino)
Pietraincatenata di Luigi Maffini igt Cilento 2010 (fiano) (prossimamente su GRDS)
Raone Greco di Tufo 2011 di Torricino
Fiano d’Avellino Vigna della Congregazione 2007 di Villa Diamante
Alla fine dopo questa “nuotata” nel bianco mi sono concesso qualche rosso, mi correva l’obbligo di riassaggiareLe Pergole Torte e il Montevetrano che si sono confermati sempre all’altezza delle aspettative, ma la scoperta, o meglio la conferma ad un sospetto che avevo già da un po’, sono stati i rossi dell’ Etna:
Etna Rosso “Quota 600″ 2010 di Graci (nerello mascalase e nerello cappuccio)
Etna Rosso “Erse” 2010 di Tenuta di Fessina (nerello mascalase e nerello cappuccio)(prossimamente su GRDS)
Etna Rosso “Alta Quota” 2009 di Tenuta Scilio (nerello mascalese) (prossimamente su GRDS)
il primo merita attenzione ma secondo me, e anche secondo il ragazzo che me lo serviva, non è ancora pronto, può dare di più ma ci vuole ancora un po’ di tempo; gli altri due invece mi sono sembrati ottimi vini, pieni, corposi con sentori minerali, inevitabilmente  vulcanici direi.
La cosa mi ha colpito perché il loro colore non faceva pensare ad un esito gustativo di questo tipo, infatti sono di un rubino attenuato non certo cupo e impenetrabile, mi ricordano (solo per il colore s’intende) i vini delle mie parti che non sono mai stati tanto carichi cromaticamente, del resto siamo anche noi a un tiro di schioppo dal vulcano e questo forse qualcosa vorrà di’.
Botto finale (e qui la smetto perché l’ho fatta davvero lunga)
Kurni 2010 di Oasi degli Angeli (montepulciano)
potrei definirlo tranquillamente l’Amarone dell’Italia peninsulare (e senza l’ausilio dell’appassimento delle uve, qui tutto si gioca sulla resa ridottissima per ogni pianta), questo è un vino che si mangia non si beve, profumato, potente di grado (siamo sui 15°) e possente di corpo, non oso pensare a cosa sarà fra qualche anno.
Mi hanno riferito che gli appassionati e facoltosi suoi ammiratori (costa solo 68.00 €) sono a caccia delle passate annate e pronti a tutto pur di averlo.
Chiudo con una nota di merito per gli organizzatori della Vinoteca al Chianti che oltre alla competenza in fatto di vino scelgono sempre dei bellissimi posti dove il bere bene si sposa perfettamente con il fascino indiscutibile dei luoghi.
Al prossimo reportage
“Siamo tutti mortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere di vino”
E.H. Galeano 

Fernando

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